Gli scopi sono di controllo, per efficacia di intervento e efficienza di spesa, dei processi di istruzione e di educazione pubblici, come ricordato nell’introduzione. Non a caso la Circolare 47 cita il testo de La Buona Scuola.
La struttura è quella di un format (inalterabile, da compilare in via telematica)destinato ad una diagnosi etero-diretta. Difficilmente le scuole possiedono raccolte sistematiche di elementi di autovalutazione (anche quando hanno molte buone pratiche didattiche di lavoro) o dispongono di gruppi di lavoro che potrebbero indirizzare la compilazione del RAV, senza deleghe secche all’Unità di Autovalutazione, analizzandone le parti nel dettaglio e controbilanciandole. Il format si impone con una tale cogenza nella formulazione delle sezioni, delle domande, delle definizioni (anche quando incerte, sono pur sempre di fonte sedicente esperta) che sarà piuttosto raro il caso di compilazioni autentiche, originali.
Ma, il “metterci le mani” può creare in qualche docente volenteroso l’illusione di riuscire a inserire elementi autentici all’interno di una struttura rigida.Coloro che faranno parte dell’Unita di Autovalutazione svolgeranno un mero lavoro esecutivo di compilazione, destinato ad essere gestito interamente dall’INVALSI.
Le procedure adottate dall’INVALSI negli anni precedenti testimoniano l’impossibilità per docenti, cittadini ed altri ricercatori di attivare qualsiasi percorso di validazione/falsificazione, indispensabile per ogni ricerca che voglia definirsi scientifica.
Una annotazione non marginale va fatta relativamente al rapporto fra Processi e Esiti. Tutta l’impostazione del RAV privilegia una definizione di processo come insieme di passi formulati oggettivamente (obiettivi misurabili) la cui bontà si misura sugli esiti (voti, risultati prove standardizzate).